11 set 2009

I doni della vita

di Irene Némirovsky

"Alla fine c'è sempre...questa lunga vita...per la felicità dei ragazzi, mi affido alla Provvidenza, ma so bene che cosa, nella sua divina saggezza, la Provvidenza intende per felicità. Tante responsabilità, tante angosce e tante prove: insomma, i doni che la vita ci offre."
E responsabilità, angosce e prove percorrono la storia degli Hardelot e con loro si percorrono trent'anni di storia francese, da quelli che precedettero la 1° guerra mondiale a quelli che vedranno, nel momento stesso in cui Némirovsky racconta, l'occupazione della Francia da parte dei tedeschi. Un grande romanzo classico suddiviso in 30 capitoli e che si può considerare una sorta di prova generale del "Suite francese", la cui stesura Irene portava in parallelo.
Amo Némirovsky, amo la sua scrittura straordinaria, la sua penna tagliente e ironica, la sua acutissima capacità analitica nel tratteggiare profili psicologici e contesti sociologici. E fra tutti i libri della Némirovsky finora letti, amo particolarmente "I doni della vita" per il respiro più ampio, lo sguardo più profondo che si sposta dall'introspezione psicologica alle dinamiche relazionali dei personaggi, e per le tematiche complesse come quelle della vita, della morte, della guerra, dell'amore.
La gente aspettava la guerra come l'uomo aspetta la morte: sa che non le sfuggirà, gli sia concessa soltanto una proroga. "D'accordo, verrai, ma aspetta un po', aspetta che abbia costruito questa casa, piantato quest'albero, fatto sposare mio figlio, aspetta che non abbia più voglia di vivere".
E in queste pagine ho trovato tanta sofferenza, amarezza poiché
la memoria di un popolo è una cosa terribile (...) si ricorda di aver sofferto, ma non perché ha sofferto (...) e tutti i sacrifici sono stati inutili, che non c'è stato nessun vincitore..
ma ho trovato anche desiderio di sfidare il destino, di non arrendersi, di continuare ad aver voglia di vivere:
quella speranza, quel bambino, quella gioiosa sfida al destino:"Ah, ti burli di me, ma anch'io mi burlo di te!" (...) Vuoi distruggermi? E io vivo! Vuoi togliermi ogni speranza ? E allora guarda: io mi sposo, amo, mi godo la vita, ho un figlio! E più ti accanirai contro di me, più mi ostinerò!"
A turbare noi lettori c'è però la consapevolezza che, purtroppo, non basterà la forza d'animo e l'amore per la vita a salvare Némirovsky (morirà pochi mesi dopo la pubblicazione del romanzo nel lager di Auschwitz).
Come non rimanere sconvolti dal triste presagio:
La guerra finirà, finiremo anche noi, ma questi piaceri semplici e innocenti ci saranno sempre: la freschezza, il sole, una mela rossa, il fuoco acceso in inverno, una donna, dei bambini, la vita di ogni giorno...Il fragore, il frastuono delle guerre si spegneranno. Il resto rimane...Per me o per qualcun altro? Già. Per me o per qualcun altro? Quella avrebbe dovuto essere la domanda più importante, l'unica da porsi.
Un libro bellissimo, da leggere e meditare, un vero inno alla vita e ai suoi doni.

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