22 mar 2009

Cecità

di José Saramago
In una città senza nome, in un giorno qualunque ad un semaforo scatta il verde. Un’auto, però, non riesce a partire, il conducente all’improvviso non vede più.
Inizia così uno dei romanzi più forti e difficili dello scrittore portoghese José Saramago “Cecità”, un incubo a occhi aperti, un romanzo spiazzante, il cui titolo originale “Ensaio sobre a Cegueira” rimanda al suo aspetto saggistico: uno studio sui comportamenti degli esseri umani in situazioni di estrema difficoltà e paura. E infatti “Cecità” è un saggio sul degrado umano, un percorso angoscioso che condurrà all’ inferno, scendendo tutti i gradini dell’indignità, fino all’abiezione
dove il senso della vita andrà perso, dove la dignità, l’etica, il rispetto verranno calpestati .
I personaggi sono individui senza nome, senza identità, destinate a rimanere tali fino alla fine del libro: il primo cieco, il medico e la moglie, la ragazza dagli occhiali scuri, il ragazzino strabico, il vecchio dall’occhio bendato.
La speranza viene affidata all’unica persona, una donna, che non si lascia guidare dalla paura e dall’irrazionalità, perché la privazione della vista è in un certo senso la privazione della ragione.
La moglie del medico, i cui occhi non sono stati colpiti dalla cecità bianca ha il compito di guidare gli altri, verso la libertà e verso una nuova vita; compito che si rivelerà difficile, perché i suoi occhi prenderanno coscienza degli orrori in cui i ciechi saranno costretti a vivere.
Un libro intenso, di non facile lettura, anche perché la scrittura impegna il lettore in una costante concentrazione.
Chiudendo le inquietanti pagine del libro sentivo il bisogno, la necessità di aria pulita, dei colori, della vita. Dopo Cecità, infatti, leggerò Dona flor e i suoi due mariti.....di Amado

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