15 mar 2009

la democrazia in un taxì

di José Saramago
L’eminente statista italiano di nome Silvio Berlusconi, conosciuto anche con il soprannome de ‘il Cavaliere’, ha appena partorito nel suo privilegiato cervello un’idea che lo colloca in maniera definitiva in testa al plotone dei grandi pensatori politici. Lui vuole che, per ovviare ai lunghi, monotoni e duraturi dibattiti e per snellire le procedure tra le camere, senato e parlamento, siano i capigruppo parlamentari a esercitare il potere di rappresentanza, facendola finita allo stesso tempo col peso morto di alcune centinaia di deputati e senatori che, nella maggior parte dei casi, non apre bocca durante tutta la legislatura, se non per sbadigliare. A me, devo ammetterlo, sembra un’ottima idea. I rappresentanti dei maggiori partiti, tre o quattro, diciamo, si riunirebbero in un taxi diretto a un ristorante dove, a ridosso di un lauto pasto, prenderebbero le decisioni del caso. Dietro si porterebbero, ma a bordo di una bicicletta, i rappresentanti dei partiti minori, che mangerebbero al bancone, nel caso in cui ci sia, o in un bar nelle vicinanze. Niente di più democratico. Sulla strada si potrebbe anche cominciare a pensare a come liquidare questi imponenti, arroganti e pretenziosi edifici chiamati parlamento e senato, fonti di continue discussioni e grosse spese che non aiutano il popolo. Di riduzione in riduzione scommetto che arriveremmo all’ágora dei greci. Chiaro, con l’ágora, ma senza greci. Mi diranno che non bisogna prendere sul serio questo Cavaliere.
Sì, ma il pericolo è che si finisca per non prendere sul serio quelli che lo eleggono
Saramago

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