Lessico famigliare narra in un registro diaristico la storia famigliare di Natalia Ginzburg nello sfondo storico del periodo fascista fino al dopoguerra.
Si tratta, quindi, di un esercizio di memoria ed, essendo la memoria labile, i libri tratti dalla realtà sono spesso esili barlumi e schegge di quanto è visto e udito.
La storia di ogni famiglia è anche depositata nel linguaggio, nell'uso di parole speciali, nel gergo domestico che è segno di appartenenza, di familiarità.
Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia. per ritrovare ad un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole. Una di quelle frasi o parole ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone.
E' questa la forza di questo libro, l'uso del gergo domestico come segno di appartenenza.
Un libro che tuttavia non sono riuscita ad apprezzare nel suo complesso, che ho trovato piuttosto ripetitivo e nelle espressioni e nelle situazioni. Certo, espressioni e frasi ripetute troppo spesso avranno avuto lo scopo di creare familiarità anche nel lettore, ma nel mio caso hanno solo abbassato il livello di godibilità della lettura.
E poi, quanto mi è sembrata snob la Ginzburg!
Quel suo sciorinare in tutto il libro le amicizie dai nomi altisonanti degli intellettuali che frequentavano la sua casa: Togliatti, Turati, Sion Segre, Pavese, Balbo, Olivetti...
Ma questa sarà solo una sana e pura invidia , la mia.
Un libro che, tutto sommato non sono riuscita ad amare.
Credo che l'orgoglio di aver vissuto in una famiglia della alta borghesia intellettuale degli anni del fascismo abbia finito, forse, con l'oscurare la Ginzburg scrittrice.
O forse, l'ho solo letto in un momento sbagliato. Forse.
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