di Georges Simenon
"Non c'è una verità, ne conviene?"
"Insomma, ho continuato a essere procuratore per abitudine, marito di mia moglie e padre dei miei figli per abitudine, perché non so chi ha deciso che così doveva essere e non altrimenti.E se io, proprio io, avessi deciso altrimenti?
Lei non può immaginare fino a che punto, una volta presa questa decisione, tutto diventi più semplice. Non occorre più occuparsi di quel che è permesso o proibito, dignitoso o meno, corretto o scorretto."
Basterà il fallimento della ditta presso cui lavorava a scatenare in Popinga, uomo rispettabile, il desiderio di rompere gli schemi, comprare un biglietto di sola andata verso quelle mete a lungo agognate, quasi colpevolmente, ogni volta che guardava passare i treni...
Il desiderio di fuga da sè e dalle convenzioni era già presente in Popinga, lì in
"Per quarant'anni mi sono annoiato. Per quarant'anni ho guardato la vita come quel poverello che col naso appiccicato alla vetrina di una pasticceria guarda gli altri mangiare i dolci.
Adesso so che i dolci sono di coloro che si danno da fare per prenderli."
"...quella certa emozione furtiva, quasi vergognosa, che lo turbava vedendo passare un treno, un treno della notte soprattutto, dalle tendine calate sul mistero dei viaggiatori."L'assassino, un uomo qualsiasi. Questa l'inquietante tesi di Simenon che fa viaggiare il lettore nella testa dell'assasino ancor prima che si concretizzi l'idea del delitto, quando l'assasino era ancora un uomo qualsiasi, uno di noi.
Un romanzo da leggere, da assaporare e che lascia in bocca un retrogusto amaro.
Grande l'abilità di Simenon nel costruire la trama, proiettando di colpo la gente comune in una vicenda che la supera e la catapulta al di là del destino che si pensava già definito. E conduce il lettore per mano nel far toccare il fondo di questa nuova condizione tanto inattesa quanto probabile.
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